Togliamo ogni alibi: nell’epoca della rete non si può tacere
Data: Sabato, 19 maggio @ 16:20:11 CEST

La Voce di Romagna, 3 maggio 2012

di Simone Mariotti

C’è la rete che si muove, e non è facile fermarla. Leggo una curiosa lettera pubblicata domenica su La Voce (e non solo) inviata dal sig. Alberto Amati, scandalizzato dal clamore mediatico sollevato dal caso dei surfisti finiti in ospedale a causa degli scarichi a mare. Il sig. Amati è indignato, del tipo di quelli che se c’è uno squalo sottocosta si indignano contro chi lancia allarmi. E’ anche scioccato dal fatto che il nostro Adriatico sia tacciato di essere un’arma batteriologica. A dire il vero, se fossero questi i termini della questione io mi indignerei sinceramente con lui. Ma purtroppo non è questo il problema, e il sig. Amati credo lo sappia bene.
Il nostro bel mare è infatti certamente pulito e salubre, e se al momento di fare un bel bagno dopo un giorno di pioggia potessimo essere magicamente trasportati a 3/400 metri dalla costa vivremmo in un vero paradiso.
Arrivando dopo due decenni di battaglie fognarie, e dopo 12 mesi tra i più atroci nella storia degli scarichi a mare riminesi, tra disastri strutturali, allagamenti, inchieste giudiziarie e decine di persone che hanno segnalato problemi di salute post-bagno, le parole del sig. Amati fanno quasi tenerezza, anche se sollevano un problema serio, quello della storica inadeguatezza della segnalazione dei divieti di balneazione. Vediamo perché.
Si deve partire prendendo coscienza del fatto che oramai nascondersi dietro un piccolo cartello anonimo non si può più. Solo per fare un esempio, la neonata pagina Facebook dell’associazione “Basta Merda in Mare”, che ha pochi mesi di vita (al contrario del suo sito web che si avvicina ai 10 anni), nell’ultima settimana è stata presa d’assalto dai ragazzi del surf che hanno iniziato a condividerne i contenuti diventando, proprio per la loro giovane età (che li rende molto attivi in rete) e la loro passione sportiva (sempre in mare), dei formidabili diffusori del messaggio a tutela del mare.
Ma il fatto è che la rete è in moto da tempo e più passano gli anni più quella parte di popolazione composta da giovani o da famiglie che vanno in vacanza con figli piccoli, cioè i clienti-tipo destinatari dell’offerta balneare riminese, sarà composta sempre più da persone che si informano prevalentemente sul web, ne osservano i commenti, i passaparola, i post sui social network, e pensare di continuare a farla franca seppellendo sotto la sabbia le informazioni sui problemi relativi alla balneazione vuol dire vivere in un mondo molto lontano dalla realtà.
Sabato prossimo ci sarà un tavolo di confronto tra l’assessorato all’ambiente e le associazioni ambientaliste, quelle di categoria e le varie istituzioni competenti con il seguente ordine del giorno: “Comunicazione sulla qualità delle acque di balneazione (anno 2012); divieti temporanei di balneazione: misure di gestione”. Sarà questa un’occasione importante per verificare se ci sono i presupposti affinché qualcosa, almeno dal lato dell’informativa, inizi a cambiare sul serio.
Essere più informati, infatti, vuol dire essere sì più consci di quando il pericolo in mare è presente, ma anche di quando non ve n’è. E se si attuasse un sistema di segnalazione tale da raggiungere tutti in tempo reale (bandiere, Publiphono, salvataggi, altro?), anche le preoccupazioni del sig. Amati svanirebbero. Sapendo tutti tutto e subito, verrebbe meno quell’aera grigia di dubbio che fa gridare “al lupo” anche quando non ve n’è necessità, cosa che si verifica oggi con un sistema di segnalazione a dir poco inefficace e che non garantisce certamente l’incolumità dei bagnanti, ma produce solo nuovi casi per la magistratura. E si finiscono anche per prendere fischi per fiaschi, scambiando magari i normali odori forti che talvolta il mare produce naturalmente, o il torbido dovuto alle correnti, con l’olezzo da scarico fognario.
Oltretutto sono molti, ma molti di più i giorni in cui fare il bagno è totalmente sicuro rispetto a quelli in cui non lo è: perché allora continuare a tacere? Tutti guadagnerebbero da una maggiore trasparenza, anche perché se si scoprisse che i giorni incriminati non sono poi così pochi, non resterebbe che rimboccarsi le maniche con maggior vigore, pena la fine del nostro turismo balneare, perché oggi si “condivide” tutto.
E quella combriccola di cento amici che combatte on line al fianco di “Basta Merda in Mare”, con pochi clic diventa una grande onda in grado di arrivare ovunque, e subito, se là dove si prendono le decisioni si continuerà a temporeggiare.



www.simonemariotti.com





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