Pubblicato il 12 luglio 2013 su La Voce di Romagna
di Simone Mariotti
Ieri ho incontrato un amico che non vedevo da tempo. Dopo i saluti mi dice semi-serio: “Mi hanno detto che sei diventato uno strenuo difensore di Gnassi”. La cosa è abbastanza divertente perché è un appunto ricorrente che mi fanno da una decina di giorni, dopo il mio articolo della settimana scorsa, cui ha replicato domenica anche Bruno Sacchini.
E’ divertente perché se uno che non lo ha votato, che dà a Gnassi del pasticcione, che lo riconosce come figlioccio di una famiglia politica che ha amministrato Rimini in modo deprecabile, viene considerato un suo strenuo difensore, allora Andrea sta messo proprio male. E allora a diventare un suo difensore mi impegno davvero, perché quelli che diventano i “sacchi delle botte” mi provocano una istintiva simpatia, perché sui “sacchi delle botte” tutti riversano grandi colpe soprattutto per poter dire a se stessi che la colpa non è loro.
A parte questo, ci tengo a precisare una cosa importante a proposito del commento di Sacchini.
Lui sostiene che il tracciato lungo il quale si sta muovendo l’amministrazione nella questione fogne è frutto di un “dirigismo ideologico e progettuale” che impone le sue scelte a difesa di noti interessi e alle spese dei contribuenti. E Gnassi sarebbe il continuatore di una tradizione simil sovietica di “voler imporre alla città soluzioni calate dall’alto”. Per altre cose forse è così, e ne riparlerò. Ma non per le fogne. E io sono tra i pochi a poterlo sostenere per esperienza diretta, e per questo non è così paradossale che su questo punto “assolva” Gnassi.
La strada che ha portato la progettazione al punto in cui siamo a oggi, cioè quella linea di intervanto che ha visto come bussola non più l’andare a tappare buchi qua e là, ma che ha sposato un’idea di interventi di lungo periodo, costosi, ma necessari, è stata la storica delibera comunale del febbraio 2010, che ha rivisto il precedente Piano Generale delle Fognature approvato nel 2006, e che da 4 anni stava languendo.
Quella delibera, poi modificata in sede di piano di fattibilità e pure stravolta (un po’ all’italiana dove sempre tutto cambia), ma di cui si mantiene l’ossatura principale, la conosco bene perché sono uno dei tre che ha lavorato al testo presentato in Consiglio dalle associazioni ambientaliste del Forum Ambiente capitanate da “Basta Merda in Mare”, che scrisse gli unici emendamenti presentati in Consiglio (e che come “Basta Merda” ritenemmo necessari per correggere il documento fiale votato), e che assieme all’allora presidente di BMIM Maria Cristina Gattei (che parlò in Consiglio) coordinò dietro le quinte quell’operazione che segnò un nuovo inizio per le fogne Riminesi.
Ma quello che fu più importante è che quella delibera, non fu una forzatura politica della maggioranza allora al governo, ma un testo che non ebbe nessun voto contrario, e che accolse al suo interno proposte e articoli dell’opposizione che andavano nella stessa direzione di BMIM. Opposizione che in parte si astenne e in parte votò a favore. Perché non era una questione ideologica, mentre era importante stabilire un punto di svolta che ponesse fine agli interventi emergenziali e che non avevano come obiettivo la soluzione finale del problema.
E quello stucchevole gioco delle parti, tipico riminese, e che ha finito per rendere tutti complici, di finte barricate di opposizioni sempre preoccupate più che altro a che nulla cambiasse negli assetti e nei CDA che contano della città, in quella occasione non si verificò. E le ripicche principali si limitarono ai frutti di gelosie del tipo: “perché lo fate dire a BMIM quando lo volevo dire prima io?”.
Non fu quindi una questione ideologica, ma una scelta di fondo condivisa, di fatto da tutti, di cercare cioè soluzioni di lungo periodo che si potessero adattare alle disponibilità economiche, all’innovazione tecnologica, ma anche alla volontà di finanziare e di affrontare il problema pubblicamente, senza più nascondersi, senza aver più paura di chiamare la merda con il suo nome, anche in piena stagione (come ha fatto Gnassi mercoledì), e di agganciare alle dorsali in progettazione le parti della città risanate un pezzo alla volta.
C’é ancora molto da fare, e vedremo se alle parole seguiranno i fatti (mi riferisco ai nuovi interventi, non ai soliti in cantiere da anni – raddoppio SG, isola, separazione nord). Ma se riconoscere che un’attenzione alle fogne ben maggiore rispetto ai suoi predecessori Gnassi l’ha avuta in questi due anni (durante i quali ha evidentemente studiato, dopo le boutade fognarie della sua campagna elettorale) vuol dire sostenerlo strenuamente, allora sì, mi prenderò questo ruolo. Suo malgrado, però.