8 luglio 2009 - La Voce di Romagna
di Simone Mariotti
"Si sono messe assieme le più diverse esigenze
da quelle di "Basta la Merda nel Mare" alla Confindustria", così
disse l'architetto Felicia Bottino, durante la presentazione del lavoro del
Forum del Piano Strategico al consiglio comunale. Aveva ragione, anche se in
realtà "Basta Merda in Mare" e Confindustria non erano su posizioni
diverse, anzi, persino dal documento presentato dagli industriali al Piano si
chiede con forza la separazione delle reti fognarie e l'eliminazione degli scarichi
a mare. Ma il discorso della prof. Bottino è stato ottimo, nelle sue
intenzioni. Spiegava quello che il Forum era stato capace di fare sino a ora,
e cioè cercare di creare uniformità nelle tante interpretazioni
del futuro di Rimini, per tentare di tracciare assieme una strada comune per
uno sviluppo condiviso. Ripeto, ottimo.
Gli stessi concetti gli ha espressi il coordinatore Ermeti, che ha invitato
anche a non analizzare troppo puntigliosamente, per ora, le singole azioni,
perché il documento che è stato prodotto è una bozza provvisoria,
consigliando caldamente a tutti di soffermarsi invece sull'introduzione del
documento. Ho seguito il suo consiglio, per non criticare una dopo l'altra azioni
e sottoazioni che chissà se rimarranno tali. Tuttavia è necessario
fare alcune osservazioni critiche, spero costruttive, anche limitandosi alla
premessa e alla visione del Piano: "Rimini terra d'incontri". Ne propongo
tre.
Prima osservazione.
All'interno della vison, si parla sempre più spesso non più solo
del Comune di Rimini, ma della Provincia. Credo che, come già fatto notare
in passato, si però faccia il conto senza l'oste degli altri Comuni,
che più volte hanno sottolineato che questo è il piano di Rimini
e che loro non si faranno condizionare da esso. Un limite non da poco, ma tanto
ovvio sin da subito tanto che tutti nella commissione a cui partecipavo io,
quella delle imprese, ragionavamo, giustamente, solo su ottica necessariamente
provinciale. Ma, ripeto, senza l'oste. E vien da pensare che una volta finito
il lavoro, impostato con visioni "provinciali", ci si ingarbugli in
un dialogo infinito con gli altri comuni che rallenterà tutto, e nel
frattempo, sorpresa, si andrà avanti con le scelte "non strategiche"
prodotte dalla sola amministrazione perché "non si potrà
aspettare in eterno". Il sindaco dopotutto lo ha già detto. Infatti...
Seconda osservazione
Nella vision c'è una gran esaltazione del singolo che si rapporta alla
collettività, che viene valorizzato. Si parla di "nuovo umanesimo",
della diversità che deve essere vista come un valore e non un pericolo
(quelli di "Basta Merda in Mare" non possono che esserne sollevati),
di porre la persona al centro dello sviluppo, di nuova "antropologia della
relazione" (niente di meno!) ecc. E' poi citato uno storico discorso di
Bob Kennedy del '68 sulla felicità sociale contro il mero benessere economico
misurato dal pil...
Ragazzi, è tutto molto bello, ma non è che vi site fatti prendere
un po' la mano dalle suggestioni? Kennedy poteva anche aver avuto ragione (anche
se l'America è cresciuta per altri 30 anni, vincendo la guerra col comunismo,
proprio basandosi sul modello che lui esorcizzava, e l'indice Dow Jones da lui
citato è balzato da 900 a 9.000), ma parlava all'America, candidandosi
alla guida di un paese che cambiava sul serio i destini del mondo intero. Se
quel discorso lo avesse fatto il candidato sindaco di Springfield, Illinois,
forse avrebbe fatto un po' ridere.
Non fraintendetemi, è molto bella come idea, anzi "suggestiva"
(parola chiave degli strategici), ma si scontra con una realtà fatta
di un tale livello di clientelismo e talmente affollata, che temo sarà
difficile anche solo iniziare a metterla in pratica. A meno che non si faccia
quello che ha chiesto quella sera stessa in consiglio Fabio Pazzaglia, che ancora
una volta ha dimostrato di essere il personaggio più interessante all'interno
dell'assemblea, e cioè che si faccia basta con tutta la politica cementificatrice
e le linee di sviluppo urbano seguite sino a ora. Altrimenti, aggiungo io, dove
vogliamo andare? Peccato che il sindaco il giorno dopo il consiglio abbia detto
esattamente l'opposto, e cioè che il Piano si deve "inserire in
una linea di sviluppo già tracciata e che non la vuole cambiare radicalmente".
Il che è inquietante, anche perché annulla quanto chiesto nel
documento del Forum, scritto pure in grassetto: "ripensare nel profondo
la cultura dello sviluppo, per produrre nuove economie sostenibili e nuovi stili
di vita in grado di rendere, sempre e comunque le persone protagoniste".
Per tornare all'esempio americano, loro erano terra di frontiera davvero 40
anni fa, e lo sono ancora oggi, per la vastità del loro territorio sostanzialmente
spopolato, con una densità di appena 30 abitanti per kmq, figuriamoci
nel '68. Rimini è invece una delle province a maggiore densità
d'Italia con più di 500 abitanti per kmq e un'urbanizzazione da paura
sulla fascia costiera. Se a questo aggiungiamo che su progetti ad altissimo
impatto come la TRC, il Piano delle fognature, e magari i Project del lungomare,
il vicesindaco ha chiaramente detto che non ci si può mettere il becco...
non è che resti moltissimo su cui agire nel concreto per ridisegnare
Rimini. Non che ci siano solo quelli, ma almeno, visto che ci siamo imbarcati
in una cosa seria come un piano strategico, proviamoci.
Anche perché, sempre leggendo la vision del Piano, si parla di un "nuovo
patto di comunità" che prende forma ponendo "in primo piano
scelte e progetti basati su valori condivisi". Ora, forse sarà anche
condivisa da qualcuno, ma io sono anni che della TRC sento solo parlar male,
considerata un progetto costoso e inutile realizzato solo per utilizzare dei
finanziamenti, al di là dall'effettiva necessità per la città.
Terza osservazione
C'è stato durante la presentazione un continuo riferirsi alla crisi globale
attuale come se dovesse avere a che fare con la necessità di una vision
per la Rimini del 2027, e che dà un po' l'idea di un approccio emergenziale
alla cosa, tutt'altro che strategico. La crisi è profonda, ma passerà,
e lo farà tra qualche anno, quando gli strumenti previsti dal Piano forse
non saranno ancora neanche partiti. Altre ne verranno e altre finiranno. L'importante
è fare qualcosa che renda Rimini per dirla con una parola sola, sana,
capace cioè di affrontare e limitare i danni, non di questa crisi, i
cui destini faticano a essere definiti anche dai grandi del mondo, ma di quelle
che verranno tra dieci, venti o trent'anni. E questo lo si fa uscendo dalla
solita logica di breve e di rendita, e avendo il coraggio di dire che certe
scelte vanno condivise davvero.
Il sindaco dice che il Piano si deve inserire in una linea di sviluppo già
tracciata. Ma guardando alle scelte più recenti, e per fare solo un esempio,
ma su una singola cosa che modificherà per sempre il volto di una zona
mare importante come la darsena, quanto è coerente con la vision di condivisione
chiesta dal Forum del Piano Strategico la logica di imporre alla città
un qualcosa che la gran parte dei cittadini definisce oramai l'"Ecomostro
di Rimini"?